Il processo creativo secondo Antonio Canova

Se c'è una cosa che invidio all'uomo straordinario, è quella di lasciare nel mondo un'impronta di sé; quand'è pura, immacolata e indelebile, poi, l'ammirazione si accompagna allo stupore. 
Ecco quello che ho imparato dal lavoro ispirato di Antonio Canova.
La perfezione, abbinata al suo nome, non è certo cosa nuova.


Ho il difetto di dare al termine "vacanza" il significato etimologico che ha: vuoto, privo, libero; e aggiungo volentieri l'accezione latina di otium, tempo dedicato alla cura della mente.
Così ho trascorso il giorno di Pasquetta nel Museo di Canova a Possagno, paese natale dello scultore in provincia di Treviso. Fino al 22 giugno ci sono i calchi in gesso delle Tre Grazie in esposizione; ma, come al solito, ho portato a casa una ben più grande lezione sulle 4 fasi del processo creativo: dall'ispirazione alla perfezione.


1. Ispirazione, intuizione, fantasia [disegno]

Si dice che i geni siano tutti "schizzati" e "fulminati": due participi che sanno di teen-ager non partecipi.
Eppure i termini esplicitano più di qualche verità sul processo di creazione artistica.
Mi sembra di vederlo, il giovane Canova, passeggiare assorto nel suo giardino all'ombra del pino: sguardo fisso davanti a sé, lapis in una mano, taccuino nell'altra; quasi percepisco la tensione che prova nel voler bloccare l'ispirazione: lei arriva in un lampo, si sa; e c'è bisogno di fermarlo.

Gli schizzi a matita, segni rapidi su carta, testimoniano il bisogno urgente di fissare le idee appena escono dalla mente: non c'è definizione né bellezza nella bozza; solo mistura di stato d'animo, libertà creativa, folgorazione intuitiva. E non è un caso se, dopo qualche anno, il fratello di Canova pubblica questi disegni con il titolo "Pensieri delineati a lapis":  pensieri chiusi nella mente, che premono per schizzare sulla carta e diventare forma ideale.
Trovo bello questo concetto dell'immagine mentale che si definisce nei limiti della concretezza.
Antonio Canova dedica molto tempo alla prima fase del processo creativo, che considera una vera e propria palestra: la matita, come uno scalpello, scivola sul foglio a ritmo naturale.
Abbiamo già detto circa l'importanza del segno creativo come sintesi tra corpo e mente; basterà notare che il di-segno non è affatto diverso: di nuovo, l'uso della mano è fondamentale per connettere l'emisfero cerebrale e abbozzare una forma ideale.
In questa fase di lavoro si riconoscono le tappe iniziali della creazione artistica:

  • l'ispirazione che arriva all'improvviso, come un soffio divino
  • l'intuizione che, partendo da uno o più stimoli esperenziali, procede per libere associazioni mentali: folgorazione improvvisa, lampo di genio, soluzione del problema che "si manifesta allo spirito senza bisogno di ricorrere al ragionamento" [Enciclopedia Treccani]
  • la fantasia che permette alla mente di figurare oggetti senza ricorrere a modelli dal vero e senza pensare alla loro utilità finale

C'è tutta la genuinità dell'input creativo.
Quello che ognuno di noi prova nel momento in cui la testa stacca e si rilassa: l'ispirazione giunge in un flash, seguita a "spron battuto" da intuizione e fantasia. Si tratta di un attimo da cogliere al volo e sentiamo il bisogno di fissarlo nella memoria. Spiace dirlo, non esiste applicazione elettronica che possa sostituire lo schizzo a mano della prima impressione: sgrammaticato, abbozzato, orfano d'interpunzione.
Reso così com'è nato: spontaneo, immediato, vivo come un respiro.


2. Immaginazione e invenzione [bozzetto]

Sono una di quelle persone che non capisce mai il percorso delle mostre: capita spesso che io veda prima quello che - a logica - dovrebbe venire dopo. Tuttavia questo modo di procedere al contrario non è sempre un male che viene per nuocere. Ne sono convinta.
Così anche stavolta vedo il bozzetto in terracotta prima della bozza in lapis descritta sopra. Tra uno e l'altro - è chiaro - manca un passaggio: la selezione dei disegni e la loro trasposizione in tre dimensioni.
Mi sembra di vederlo, il piccino Canova, rincasare appesantito dagli appunti sul taccuino: tavolo in legno di fronte a sé, massa informe di terracotta, bulino poggiato sul comodino; quasi percepisco la tensione che prova nel dar forma alla fantasia attraverso invenzione e immaginazione: lei arriva in un lampo, si sa; ma è giunto il momento di concretizzarlo.

La pratica del "bozzetto in terracotta", anche se più ragionata rispetto al disegno, è ancora espressione creativa libera: l'artista/scultore abbandona la forma "piana" per avvicinarsi alla visione plastica, senza imbrigliarla del tutto nella rigidità della stesura definitiva.
La passione sgorga "di getto" dalle mani e si esprime attraverso tutto il corpo:

Sempre ch'ei modellava alcuna invenzione, lo avresti visto investirsi della passione del suo oggetto coll'alterazione della fisionomia, col pianto, con la letizia e con una convulsione generale del corpo [Melchiorre Missirini "Della vita di Antonio Canova" - Libro Quattro]

Trovo superlativa l'immagine della creazione che vibra attraverso l'emozione: qualcosa che anch'io, nel mio piccolo, riesco a provare ogni volta che scrivo.
Canova passa notti insonni sul bozzetto in terracotta, materiale che gli permette di definire le forme in un incessante lavoro di revisione. I modellini testimoniano il tormento dello scultore nella ricerca della bellezza e congelano il suo intervento nel tempo: la sua impronta digitale è ancora in superficie; viva.
Nella prima fase "plastica" si riconoscono le due tappe successive del processo creativo:

  • l'immaginazione che permette di "vedere" l'opera ideata nel disegno ancor prima di crearla
  • l'invenzione, che permette di ripensare l'idea fantastica con finalità pratica  

C'è il primo intervento della sfera razionale.
Quello che ognuno di noi prova quando riprende in mano quel taccuino di appunti strampalati e cerca di dar loro un ordine logico nella prima bozza di un testo. E, spiace dirlo, non esiste metodo migliore di una scaletta disordinata su un foglio di carta. Con tanto di freccette connesse.


3. Elaborazione [modello e calco]

Ho sempre pensato che la grandezza delle cose si nasconda nel particolare; e il giorno trascorso a Possagno me ne ha dato conferma definitiva [se mai ce ne fosse stato bisogno].
Mi sembra di vederlo, il minuscolo Canova, arrampicarsi su impalcature a prova di muscolo: piede fisso davanti a sé, sguardo rivolto verso l'alto, asta di ferro con crocette di legno a mo' di pendaglio; quasi percepisco la tensione che prova nella fase di elaborazione: lei non perdona, si sa; c'è bisogno di fissare la dimensione.

Nel "modello di creta" Canova può controllare le proporzioni: vuole rappresentare il "bello ideale" e introduce - per la prima volta in Europa - una serie di fasi intermedie per valutare l'evolvere dell'opera. La creta è un ottimo alleato: a differenza dello stucco, se mantenuta umida, rimane plasmabile per mesi e si possono realizzare sculture a grandezza naturale.
Trovo bellissima l'immagine della revisione manuale alla ricerca della perfezione plastica.
Canova passa mesi sul singolo modello, apportando modifiche anche all'ultimo momento; e introduce un ulteriore passaggio analitico nel processo artistico: pensare e ripensare il particolare fino al calco finale in gesso, ottenuto con la tecnica della cera persa.
Nella seconda fase "plastica" si scorge un nuovo elemento del processo creativo:

  • l'analisi razionale, che permette di guardare quanto fatto con distacco per trasformarlo in quello che si vorrebbe fare; l'emisfero cerebrale sinistro scinde il problema in punti e procede per "scalini successivi" fino a cogitare una soluzione finale

C'è l'intervento della sfera deduttiva.
Quello che ognuno di noi assaggia, quando dalla scaletta strampalata si passa alla stesura organizzata.


4. Revisione e adattamento [scultura]

Ogni processo creativo si conclude con il progetto concreto.
E allora mi pare di vederlo, il geniale Canova, mentre osserva a lume di candela l'opera nuova: dito puntato verso il mento, sguardo riflessivo, felicità e/o sgomento [chissà].

Dopo l'approvazione del calco in gesso con tutte le modifiche del caso, gli apprendisti del Maestro fissano chiodi metallici sui punti chiave della figura per riportare ogni misura e iniziare la sbozzatura.
Inutile spiegare l'emozione provata davanti alle testine color ferro che emergono tutt'ora dalla superficie (in)gessata: quanto lavoro si nasconde dietro un capolavoro!
Canova interviene sulla scultura per "dare l'ultima mano": il tocco finale che dona all'opera una vita propria; inoltre spalma sulla "pelle" diafana una patina giallognola per anticipare gli effetti del tempo che "sovente dà alla creazione quell'accordo e quell'armonia che l'arte può difficilmente imitare": una sensibilità nei confronti del "vissuto" non indifferente. Infine rifinisce la figura iniziando dai singoli particolari: curve del corpo, pieghe dei panneggi, ciocche di capelli. Un vero e proprio lavoro di limatura, che tiene conto di forma e superficie; una fase operativa talmente importante da ritardare di anni la consegna della statua. 
Ecco, quindi, la degna conclusione del processo creativo:

  • la revisione, che permette di controllare forma/superficie, contenuto/particolare, colore
  • l'adattamento, che impone di controllare il risultato in base all'idea iniziale

C'è la connessione definitiva tra sfere cerebrali.
Quella che ognuno di noi prova quando le parole sono stese sul foglio bianco come tanti chiodi neri: ordine, punti chiave in evidenza, ritmo perfetto. 
Eppure, spesso, manca il tocco finale: quel quid che rende il testo diverso. 
Scegliere le parole, limare il particolare, donare al "foglio" un sospiro che possa volare.
Scorgere nel piccolo la cosa grande. 
Forse è questo il mistero dello scrivere con stile: qualcosa che non è facile da spiegare.

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