"Ehi ciao, che lavoro fai?"
"Il creativo. Faccio il creativo"
... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...
Dialogo caduto. Interrotto. Smorzato con segnali Mors.
Succede anche a te?
Forse l'errore sta nell'abusata definizione; ma la creatività esiste e si può allenare. Che dici, si fa?
Questo post inizia con una frase ch'è anche una provocazione: l'amica d'infanzia Simona, spiace dirlo, ha più di qualche ragione. Creatività è una parola che sfugge a qualsiasi definizione: impossibile ingabbiarla in un raggio d'applicazione.
L'aggettivo "creativo" fa la sua prima comparsa nel vocabolario durante il Rinascimento; per il sostantivo "creatività" bisogna attendere la metà del '900. Ma il colpo di grazia alla chiarezza semantica lo dà l'aggettivo sostantivato "il creativo", neologismo pubblicitario d'inizio anni settanta.
"Italiani popolo di santi, poeti e... navigatori".
Sull'ultima qualità metaforica da "spippolatori" non ci sono dubbi; ma ne manca una per cui siamo conosciuti in tutto il mondo: creativi. Siamo il popolo dell'arte, dei colori, della vita; e sappiamo adattarci per vivere-sopra.
Mi viene in mente a questo proposito il video-lezione di Bruno Munari, in cui fantasia, invenzione e immaginazione diventano strumenti al servizio della creatività:
La macchina corre veloce: naso schiacciato contro il finestrino, orecchie tese sulla fessura sibilante, sguardo lanciato verso l'orizzonte sognante. Quello di trasformare le nuvole in animali, cibarie e oggetti strani è un gioco che abbiamo fatto tutti: l'essere umano è una creatura che nei primi anni di vita esprime al meglio la sua creatività; partire da cose esperite per combinarle in modo nuovo è un'abitudine che si dissolve col passare degli anni [quelli che ci separano dall'atto della creazione stessa]. Un po' come fanno le nuvole in una giornata... illuminata.
Eppure basterebbe poco.
Edward De Bono, uno dei più grandi studiosi di Pensiero Laterale, consiglia di "partire dagli aspetti comunicativi di un oggetto per trasformarlo in qualcosa di nuovo".
"Il creativo. Faccio il creativo"
... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...
Dialogo caduto. Interrotto. Smorzato con segnali Mors.
Succede anche a te?
Forse l'errore sta nell'abusata definizione; ma la creatività esiste e si può allenare. Che dici, si fa?
Questo post inizia con una frase ch'è anche una provocazione: l'amica d'infanzia Simona, spiace dirlo, ha più di qualche ragione. Creatività è una parola che sfugge a qualsiasi definizione: impossibile ingabbiarla in un raggio d'applicazione.
L'aggettivo "creativo" fa la sua prima comparsa nel vocabolario durante il Rinascimento; per il sostantivo "creatività" bisogna attendere la metà del '900. Ma il colpo di grazia alla chiarezza semantica lo dà l'aggettivo sostantivato "il creativo", neologismo pubblicitario d'inizio anni settanta.
"Italiani popolo di santi, poeti e... navigatori".
Sull'ultima qualità metaforica da "spippolatori" non ci sono dubbi; ma ne manca una per cui siamo conosciuti in tutto il mondo: creativi. Siamo il popolo dell'arte, dei colori, della vita; e sappiamo adattarci per vivere-sopra.
Mi viene in mente a questo proposito il video-lezione di Bruno Munari, in cui fantasia, invenzione e immaginazione diventano strumenti al servizio della creatività:
- fantasticare significa pensare a qualcosa che non esiste, se non dentro la propria testa; "fantasia" ha la stessa radice di "fantasma": vedo ciò che non c'è, senza tener conto dell'utilità
- inventare significa pensare a qualcosa che prima non c'era, ma con finalità pratica; l'inventore può anche non badare all'estetica di un oggetto: l'importante è che funzioni
- immaginare significa vedere ciò che fantasia e invenzione pensano; possiamo cogitare tante cose, ma se non riusciamo a vederle non c'è creazione
Salto nell'infanzia
La macchina corre veloce: naso schiacciato contro il finestrino, orecchie tese sulla fessura sibilante, sguardo lanciato verso l'orizzonte sognante. Quello di trasformare le nuvole in animali, cibarie e oggetti strani è un gioco che abbiamo fatto tutti: l'essere umano è una creatura che nei primi anni di vita esprime al meglio la sua creatività; partire da cose esperite per combinarle in modo nuovo è un'abitudine che si dissolve col passare degli anni [quelli che ci separano dall'atto della creazione stessa]. Un po' come fanno le nuvole in una giornata... illuminata.
Eppure basterebbe poco.
Edward De Bono, uno dei più grandi studiosi di Pensiero Laterale, consiglia di "partire dagli aspetti comunicativi di un oggetto per trasformarlo in qualcosa di nuovo".
EsattaMENTE quello che fanno i bambini spontaneaMENTE.
Tu che dici, riusciamo a tornare indietro di qualche annetto?
Oggetto comunicativo
UNO
L'oggetto è un segno materiale che diventa segnale quando si riempie di significato convenzionale.
Se vedo una lavatrice, capisco che la sua funzione è quella di lavare i panni.
Se vedo un ciuccio, penso subito a un bambino.
E se vedo un cartello stradale?
Beh, il senso va interpretato in base alla "convenzione" del luogo in cui mi trovo.
DUE
L'oggetto ha un valore d'uso e un valore percepito: il primo si riferisce alla funzionalità; il secondo al valore - o all'insieme di valori - che riconosco. Un biscotto alla panna con un buco in mezzo è un biscotto alla panna con un buco in mezzo e il suo valore d'uso è quello di sfamarmi a colazione; ma se quel biscotto alla panna con un buco in mezzo si trova nella confezione del Mulino Bianco, diventa una macina: il suo valore è anche simbolico.
Se leggo Chicco, so che là c'è un bambino (?): la marca evoca di per sé un insieme di prodotti.
C'è una grande differenza tra valore d'uso e valore percepito: la pubblicità lavora molto sul secondo.
TRE
L'oggetto comunica qualcosa solo per il fatto di esistere; e si può "leggere" in tanti modi quante sono le sue componenti: forma, materia, colore, funzione.
Riuscire a mutarlo, dividerlo, moltiplicarlo, completarlo significa stimolare la creatività: o, per citare ancora Munari nel libro di Geppi de Liso Creatività&Pubblicità, giocare sulle "coppie creative".
Esercizio
Ecco, quindi, l'esercizio che ti propongo di fare:
Dunque, che aspetti?
Adesso tocca a te.
Sono tante le "coppie creative" da sfruttare per stimolare la creatività: fusione di elementi; spaesamento (Duchamp e la fontana orinatoio); cambio d'suo, dimensione e peso (Magritte e la pietra volante). Puoi anche lanciarti nel procedimento inverso: trovare le "astuzie" nell'immagine finita.
Sicuramente c'è un'inclinazione naturale alla meta-competenza, ma non esiste bambino che non sia creativo; e tutti siamo stati quel bambino. L'esperienza di vita è un valore aggiunto per liberare la fantasia, piegarla all'invenzione e utilizzare tecniche base per tornare a creare.
Una sfida che andrebbe alimentata con entusiasmo.
Qualsiasi oggetto, solo per il fatto di esistere, può diventare qualcosa di nuovo.
Prenditi un attimo e osserva bene quello che ti circonda: il punto di vista dipende solo da te.
Oggetto comunicativo
UNO
L'oggetto è un segno materiale che diventa segnale quando si riempie di significato convenzionale.
Se vedo una lavatrice, capisco che la sua funzione è quella di lavare i panni.
Se vedo un ciuccio, penso subito a un bambino.
E se vedo un cartello stradale?
Beh, il senso va interpretato in base alla "convenzione" del luogo in cui mi trovo.
DUE
L'oggetto ha un valore d'uso e un valore percepito: il primo si riferisce alla funzionalità; il secondo al valore - o all'insieme di valori - che riconosco. Un biscotto alla panna con un buco in mezzo è un biscotto alla panna con un buco in mezzo e il suo valore d'uso è quello di sfamarmi a colazione; ma se quel biscotto alla panna con un buco in mezzo si trova nella confezione del Mulino Bianco, diventa una macina: il suo valore è anche simbolico.
Se leggo Chicco, so che là c'è un bambino (?): la marca evoca di per sé un insieme di prodotti.
C'è una grande differenza tra valore d'uso e valore percepito: la pubblicità lavora molto sul secondo.
TRE
L'oggetto comunica qualcosa solo per il fatto di esistere; e si può "leggere" in tanti modi quante sono le sue componenti: forma, materia, colore, funzione.
Riuscire a mutarlo, dividerlo, moltiplicarlo, completarlo significa stimolare la creatività: o, per citare ancora Munari nel libro di Geppi de Liso Creatività&Pubblicità, giocare sulle "coppie creative".
Esercizio
Ecco, quindi, l'esercizio che ti propongo di fare:
- scegli un oggetto qualsiasi
- concentrati sulle singole componenti
- gioca sulla forma: cosa ti ricorda?
- Cambia la materia: di cosa potrebbe essere fatto?
- Immagina un colore diverso: cosa potrebbe diventare?
- Riconosci un valore nuovo: cosa potrebbe comunicare?
Strumenti
Esistono tecniche precise per trasformare la realtà; potrei definirle "artistiche", perché molto sfruttate da correnti pittoriche moderne e contemporanee.
Facciamo alcuni esempi, partendo dall'oggetto comunicativo "cartello stradale":
1. coppie di contrari: "ossimori visivi" che giocano sugli opposti [bene-male, per esempio]
3. somma: aggiungere un particolare significa variare la percezione dell'oggetto
4. sottrazione: togliere materia, significa scolpire una nuova forma (Michelangelo docet)
5. cambio di materia: usare sostanze diverse, significa lanciare nuovi messaggi
6. affinità: trovare punti di contatto nel "segno", significa dargli un significato nuovo
Adesso tocca a te.
Sono tante le "coppie creative" da sfruttare per stimolare la creatività: fusione di elementi; spaesamento (Duchamp e la fontana orinatoio); cambio d'suo, dimensione e peso (Magritte e la pietra volante). Puoi anche lanciarti nel procedimento inverso: trovare le "astuzie" nell'immagine finita.
Sicuramente c'è un'inclinazione naturale alla meta-competenza, ma non esiste bambino che non sia creativo; e tutti siamo stati quel bambino. L'esperienza di vita è un valore aggiunto per liberare la fantasia, piegarla all'invenzione e utilizzare tecniche base per tornare a creare.
Una sfida che andrebbe alimentata con entusiasmo.
Qualsiasi oggetto, solo per il fatto di esistere, può diventare qualcosa di nuovo.
Prenditi un attimo e osserva bene quello che ti circonda: il punto di vista dipende solo da te.
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