"Che cosa fai? Vivo.
Quando sei in forma? Scrivo.
Dove ti trovi? In Italia.
Hai uno scopo? Credo."
Cari giovanotti (?), ve lo do io uno scopo: diffondere la cultura nostrana.
Come? Invadendola con armi digitali.
La cultura chiama la rete? Io resto in (prima) linea
Quando sei in forma? Scrivo.
Dove ti trovi? In Italia.
Hai uno scopo? Credo."
Cari giovanotti (?), ve lo do io uno scopo: diffondere la cultura nostrana.
Come? Invadendola con armi digitali.
Il progetto: la cultura non è un brand
Fabrizio Todisco è un event planner e consulente di marketing, che vive la rete per lavoro e crede così tanto nelle sue risorse da investire in tempo e passione. Due fattori che portano a buoni frutti come l'iniziativa "Invasioni Digitali", realizzata con il supporto di Officina Turistica, Instagramers Italia, Associazione nazionale piccoli musei e travel bloggers di #iofacciorete.
Un progetto culturoso, ma non elitario; ambizioso, ma non tendenzioso.
Un progetto che appartiene a tutti gli italiani, ma che è molto meglio delle cucine Scavolini: perché la cultura non è un brand. Si deve solo diffondere.
Il nome: invasioni sì, ma pacifiche
L'obiettivo delle Invasioni Digitali è quello d'organizzare mini-eventi presso musei e luoghi d'arte. Come? Facendo rete: bloggers, fotografi e social media lovers sono chiamati a dare il loro contributo come fruitori culturali organizzati e digitali. Chiamiamoli semplicemente "invasori".
Il termine deriva dal latino contratto in (su, sopra, contro) vadere (andare) e significa "investire, andare contro, assalire"; piuttosto aggressivo non c'è che dire. Ma esiste anche un senso figurato poco usato, che suona come "prendere, occupare l'anima" - da cui il nostro "invasato".
Io terrei entrambi i significati e definirei l'invasore digitale un "invasato di cultura italiana, non aggressivo ma ben motivato". Le armi sono tablet, smartphone e macchinette fotografiche; lo scopo è la diffusione del patrimonio culturale; lo slogan - o grido di guerra - è liberiamo la cultura; il luogo da conquistare sono le antiche mura della "fortezza accademica"; l'unione che fa grande la forza è la condivisione di valore sui nuovi mezzi di comunicazione.
Invadere la cultura significa investire contro-corrente, armati di pace e tanta passione.
Quella delle Invasioni Digitali è un'iniziativa che mi prende dentro.
Le ragioni sono tante come quelle del cuore, quando la rabbia diventa passione.
Prima di scrivere, speravo di fare l'archeologa. Ho studiato tanto per coronare un sogno, che non s'è mai realizzato. Ho preso una laurea con specializzazione in Antropologia, ch'è rimasta solo mia. Corona, lode e alloro appesi al chiodo.
Inutile augurare sogni d'oro, quando i musei sono blindati come caveau: concorsi pubblici inesistenti, classe dirigente indifferente, vecchiume bigotto, sistema vecchiotto, comunicazione elitaria rivolta alla massa ignara. Incoerenza, saccenza, poche risorse.
Insomma, ho preso la palla al balzo per liberare la cultura da tutta 'sta palla.
Credo che mandare un segnale digitale sia importante per due ragioni:
1. illuminare i ciechi - che comunque il riflesso lo vedono benissimo
2. non essere ciechi - ché le bellezze d'Italia le vediamo benissimo
Una delle frasi più carine che ho sentito dire è: "Finalmente la cultura va di moda".
Speriamo.
Io intanto vado a Sarteano.
L'invasione digitale di Sarteano: tomba etrusca, ma non solo
Animata da questo spirito bellicoso, ma armata - per fortuna - di solo I-Pad, il 27 aprile parteciperò all'Invasione di Sarteano (SI), paese di cui sono innamorata.
Il mio spirito di archeologa barra comunicatrice si ricrea sempre, quando si trova tra bella gente; e poi c'è buon vino, tanta pace e gustosissimi... pici!
Ma, bando alle ciance culinarie, voglio parlare del mio primo amore: la tomba etrusca nella necropoli delle Pianacce - la vista panoramica vale da sola una visita. Vedere per credere.
Tomba della Quadriga Infernale
Già il nome incute timore; il fatto che sia lunga, stretta e interrata nel travertino a una profondità di 5 metri, poi, aumenta la percezione di viaggio ultra-terreno. In realtà la forma del monumento è dovuta al fatto che si trova "incastrato" tra due tombe simili, forse appartenute alla stessa gens etrusca del IV secolo a.c.
Facciamo i copy-jones e scendiamo nel buio vano, per scoprire cosa nasconde.
Superata la porta d'ingresso, attraversiamo un corridoio (dromos) di 20 metri.
[Brrrrr, qui dentro la temperatura non supera mai i 15°].
Il rarissimo affresco - uno dei pochi casi etruschi giunti fino a noi - si è conservato solo sulla parete sinistra della tomba, ma colpisce per la vivacità di colori: rosso, azzurro, giallo, blu si stagliano sul fondo bianco.
[Grrrrr, qui dentro i tombaroli hanno fatto molti danni: segni di picconate deturpano la decorazione. Cosa cercavano? Un tesoro nascosto dietro il muro oppure un'altra stanza?]
Il pittore - o i pittori? - aveva una fantasia sfrenata, ma anche un po' d'inesperienza: i disegni mostrano tanti ripensamenti: linea preparatoria non sempre seguita; correzioni dopo la stesura del colore; modifiche su profili e particolari.
Scovare queste inesatezze rende l'opera più umana. Le ipotesi sono due:
1. gli artisti erano pittori di vasi non avezzi alla decorazione parietale
2. gli artisti erano diversi - forse un maestro e un giovane allievo meno esperto.
Ma torniamo alla fantasia sfrenata: il corridoio è popolato di figure strane, che rispecchiano la visione etrusca dell'aldilà. Appena entriamo dobbiamo correre al riparo per non essere investiti dalla veloce quadriga infernale, trainata da quattro animali selvaggi - due grifoni e due leoni - e da un demone terribile con lunghi capelli rossi.
Chi è costui? Oppure è una costei?
Definire il sesso è difficile: si tratta probabilmente di Charun - il Caronte infernale degli Etruschi - che agisce sotto la minaccia di una nuvola nera. Pocco rassicurante, se non fosse per il fregio di delfini che simboleggia il trapasso sereno del defunto all'aldilà. Colpisce la cura dei particolari: teste di grifone sull'attacco delle ruote, effetto movimento sulle zampe accavvallate degli animali e nel vento che smuove i capelli.
Resta poco della figura alata che precede il corteo, forse un angelo ante litteram.
La quadriga è diretta verso l'entrata: ha già accompagnato i defunti e sta uscendo per prenderne altri.
[Meglio scansarla, non si sa mai.]
Procediamo lentamente.
Oltre il corteo, si apre uno squarcio sulla parete: rappresenta l'ingresso simbolico nell'aldilà.
[Qui il terribile Charun ha scaricato i defunti!]
Passiamo - indenni - il lugubre antro e scorgiamo una nicchia decorata con due figure maschili a banchetto, sdraiate sulla kline e con le braccia poggiate su tre cuscini: il colore della pelle, la barba e l'accenno di rughe fanno intuire l'età matura del personaggio più chiaro; il giovane è abbronzato, perché passa il suo tempo all'aperto. Si potrebbe trattare del defunto con l'amante o con un suo antenato. Verso di loro si dirige un uomo, che indossa una tunica orlata di rosso e porta con sé il colum per filtrare la tipica bevanda etrusca con miele, uvetta e petali di rosa; sfregiato anche lui da una picconata in pieno petto, resta una figura ambigua: forse un servitore d'alto lignaggio, visto che non si presenta a torso nudo.
Abbiamo percorso i 20 metri del corridoio.
Davanti a noi si apre finalmente la camera adibita alla deposizione dei defunti, che dovevano essere tre. L'unica tomba visibile è quella in alabastro grigio di Volterra, con il ritratto di un uomo semi-disteso e appoggiato su tre cuscini - gli stessi raffigurati nella scena del banchetto.
Gli sciacalli dell'archeologia non hanno risparmiato nemmeno questo capolavoro, ch'è stato trovato a pezzi e ricostruito pazientemente con parti in gesso.
[Alzo un attimo lo sguardo: mamma mia, cosa sono quei terribili mostri?]
Sopra il sarcofago, dentro un'edicola triangolare, vegliano sui defunti il serpente a tre teste e l'ippocampo: due dei tanti esseri che popolano l'oltretomba etrusco. La figura del rettile è piuttosto comune, ma questo affresco è davvero eccezionale per dimensioni e ricchezza di particolari: la coda sembra muoversi e attorcigliarsi davanti ai nostri occhi.
[Soffoco o soffro di claustrofobia?]
Ci giriamo intorno: abbiamo notato i particolari, apprezzato i colori, annusato la magica atmosfera di un mondo che non c'è più. Lasciamo spazio all'immaginazione... e allora li vediamo all'opera, quegli uomini di 2.500 anni fa: hanno uno scalpello, forse qualche secchiello. Chissà che faccia farebbero se ci vedessero qua, intenti a immortalare la loro opera con i nostri I-Pad.
Ma infondo che importa il mezzo, quando la cultura si diffonde?
E che importano tante belle parole, quando a battere è solo il cuore?
Se credi nell'Italia, condividi il valore
La nostra riflessione sulle Invasioni termina qui. Ora tocca l'incursione tra reale e digitale: inutile dire che sono emozionata di partecipare al tentativo di rivoluzione culturale.
Sì, perché io ti ho accompagnato nella Tomba della Quadriga - se vuoi vederla spulcia video e immagini alla fine del post - ma l'incursione di Sarteano prevede anche il magnifico teatro settecentesco degli Arrischianti e l'imponente castello cinquecentesco.
Se ti ho incuriosito un po' e ti ho fatto immaginare epoche lontane, unisciti a noi: partecipa in prima persona o condividi l'invasione di coloro che credono nel cambiamento.
Un bell'esempio di web che funziona.
Link utili
Invasione di Sarteano
27 aprile ore 10.00
Twitter hashtag - #3Tsarteano
Twitter profile - Daniela Croccolino
Visual on Pinterest Board - Sarteano - Siena
Visual on Archeologia Viva - La Tomba della Quadriga Infernale
Museo Civico Archeologico - Web Site
Storify Event - Invasione digitale a Sarteano
FB Event - Partecipa
Invasioni digitali
Thank to:
Archeo 2004 - La Tomba del Demone Rosso, "Pittori a Sarteano"
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