Testo e visual.
Copywriter e art-director.
Web writer e web designer.
Sono le coppie creative del mondo pubblicitario.
Parliamo di ripetizione nell'arte commerciale.
Copywriter e art-director.
Web writer e web designer.
Sono le coppie creative del mondo pubblicitario.
Parliamo di ripetizione nell'arte commerciale.
La pubblicità ama la ripetizione?
Tutte cosine che stanno al messaggio pubblicitario come la ciliegia sulle pastine.
Ma come si usa la ripetizione nel visual?
E qual è il suo significato?
Creatività = immaginazione
La prima parola che viene in mente parlando di creatività è immaginazione, intesa come "facoltà di formare e deformare immagini dal reale con potenza creatrice" (Treccani, Enciclopedia).
Non fa una piega: prima ci si forma un'immagine reale delle cose, poi si elabora una visione nuova attraverso la libera interpretazione mentale.
Bruno Munari, nel celeberrimo libro Fantasia, scrive:
"Alcuni individui sono privi d'immaginazione, tant'è vero che esistono professionisti per visualizzare loro ciò che la creatività e l'invenzione hanno pensato. In tutte le agenzie pubblicitarie esistono i visualizer, disegnatori che preparano il bozzetto da mostrare al cliente in modo che possa vederlo".
Sì, perché pensare senza vedere è difficile. E dopo che il cliente privo di fantasia vede lo storyboard, tocca all'art director e/o al webdesigner materializzare i suoi pensieri in... visione.
Nei post dedicati alle coppie creative, ho citato ancora Munari per dire che le idee nascono sempre da idee vecchie accostate in modo nuovo: c'è la sottrazione, c'è il cambio e c'è pure la moltiplicazione.
Intuire in cosa consiste è semplice: si parte da una cosa reale e si trasforma in cosa nuova attraverso l'uso della ripetizione visiva; la dea Kalì e il cane dell'Agip sono ottimi esempi.
Non c'è da inorridire sull'accostamento blasfemo: il procedimento è quello; tutto sta a capirne il significato.
Sì; e nei due post precedenti ho spiegato perché:
- parole e concetti - figure retoriche per slogan e pay-off
- suono, gesto e naming - nel mezzo audio-visivo (TV, radio)
Tutte cosine che stanno al messaggio pubblicitario come la ciliegia sulle pastine.
Ma come si usa la ripetizione nel visual?
E qual è il suo significato?
Creatività = immaginazione
La prima parola che viene in mente parlando di creatività è immaginazione, intesa come "facoltà di formare e deformare immagini dal reale con potenza creatrice" (Treccani, Enciclopedia).
Non fa una piega: prima ci si forma un'immagine reale delle cose, poi si elabora una visione nuova attraverso la libera interpretazione mentale.
Bruno Munari, nel celeberrimo libro Fantasia, scrive:
"Alcuni individui sono privi d'immaginazione, tant'è vero che esistono professionisti per visualizzare loro ciò che la creatività e l'invenzione hanno pensato. In tutte le agenzie pubblicitarie esistono i visualizer, disegnatori che preparano il bozzetto da mostrare al cliente in modo che possa vederlo".
Sì, perché pensare senza vedere è difficile. E dopo che il cliente privo di fantasia vede lo storyboard, tocca all'art director e/o al webdesigner materializzare i suoi pensieri in... visione.
Nei post dedicati alle coppie creative, ho citato ancora Munari per dire che le idee nascono sempre da idee vecchie accostate in modo nuovo: c'è la sottrazione, c'è il cambio e c'è pure la moltiplicazione.
Intuire in cosa consiste è semplice: si parte da una cosa reale e si trasforma in cosa nuova attraverso l'uso della ripetizione visiva; la dea Kalì e il cane dell'Agip sono ottimi esempi.
Non c'è da inorridire sull'accostamento blasfemo: il procedimento è quello; tutto sta a capirne il significato.
La domanda giusta da farsi è: perché la pubblicità sfrutta la ripetizione?
La risposta è sepolta nella pop-art di Wharol e dell'artista commerciale.
Il XX secolo = inversione dei canoni
Andy Wharol s'impone sulla scena come interprete visionario di entrambi i mestieri. Quattro le ragioni:
“L’arte commerciale è il passo successivo dell’arte. Ho iniziato come artista commerciale e voglio finire come artista affarista. Volevo essere un art businessman ovvero un business artist. Essere bravo negli affari è il genere d’arte più affascinante [...] Il dipinto eseguito a mano richiede troppo tempo e non è questa l’epoca in cui viviamo [...] I mezzi meccanici offrono più arte a più persone. L’arte dovrebbe essere per tutti. La pop-art è per la massa del popolo”
Pubblicità = tabloid e business artist
Con queste parole Jhon Cage interpreta il senso della ripetizione visiva nell'opera di Wharol.
In realtà il padre della pop-art sfrutta questo escamotage per diverse finalità.
Il XX secolo = inversione dei canoni
La fine della seconda
guerra mondiale sconvolge l'ordine sociale: aristocrazia e latifondi lasciano spazio alla democrazia borghese. Industrializzazione e consumo di massa plasmano l’economia
dell’Europa occidentale sui modelli nordamericani: nasce la società capitalistica.
Il risvolto culturale più vistoso si ha - come al solito - nel campo delle arti visive: elités e cultura di massa si trovano faccia a faccia nella nuova realtà sociale: in alcuni casi s'integrano; in altri vince l'estetica della merce - design di prodotto, packaging, pubblicità.
Il trionfo della "massa" sui
concetti estetici tradizionali produce due tipi di personalità:
- pubblicitari - appassionati collezionisti d’arte d'avanguardia... creativa
- artisti tradizionali - che per campare diventano artisti commerciali.
Andy Wharol s'impone sulla scena come interprete visionario di entrambi i mestieri. Quattro le ragioni:
- intuisce le connessioni tra cultura massiva e artistica, dovute al crollo della seconda nella prima
- impara a sfruttare l'integrazione delle due grazie all'esperienza come artista commerciale
- si sbarazza presto di concetti superati come "originalità" e "autenticità"
- appoggia la collaborazione e la comunanza d’idee - molto social-adicted non vi pare?
“L’arte commerciale è il passo successivo dell’arte. Ho iniziato come artista commerciale e voglio finire come artista affarista. Volevo essere un art businessman ovvero un business artist. Essere bravo negli affari è il genere d’arte più affascinante [...] Il dipinto eseguito a mano richiede troppo tempo e non è questa l’epoca in cui viviamo [...] I mezzi meccanici offrono più arte a più persone. L’arte dovrebbe essere per tutti. La pop-art è per la massa del popolo”
Oltre che social-adicted antesignano, Wharol gioca bene con le parole; sì, perché all'epoca l'artista commerciale non è inteso come business artist, ma come individuo creativo che presta la sua opera all'immagine del prodotto. Il nostro art director insomma; che infatti è sempre... art.
Pubblicità = tabloid e business artist
Nel 1949 Wharol inizia a lavorare come
disegnatore pubblicitario presso un'agenzia di New York.
Più tardi dirà: “Mi piaceva fare pubblicità, loro mi dicevano che cosa fare e come farlo e io lo correggevo".
Più tardi dirà: “Mi piaceva fare pubblicità, loro mi dicevano che cosa fare e come farlo e io lo correggevo".
I suoi lavori promuovono indumenti, profumi e cosmetici per grandi magazzini.
Andy non ha nessun problema di coscienza; secondo lui "l’artista è una persona capace di trasformare cose banali in cose diverse e di rendere straordinario l’ordinario" [twitta]
Andy non ha nessun problema di coscienza; secondo lui "l’artista è una persona capace di trasformare cose banali in cose diverse e di rendere straordinario l’ordinario" [twitta]
In questo periodo inizia l'ossessione per il tabloid: un veicolo pubblicitario di grande incidenza, una vetrina per esibire oggetti di desiderio in un modo che Wharol - esperto di annunci stampa - considera creativo e capace di soddisfare i bisogni del consumatore; adora l'annuncio diretto e fedele all’imperativo del marketing: ottenere il massimo effetto
con la minima spesa. Non solo.
Wharol intuisce il potenziale del fumetto nella comunicazione commerciale e ne afferra subito il senso narrativo/seriale, come il contemporaneo Lichtenstein [scarica la guida al fumetto di Adevrcomics].
Wharol intuisce il potenziale del fumetto nella comunicazione commerciale e ne afferra subito il senso narrativo/seriale, come il contemporaneo Lichtenstein [scarica la guida al fumetto di Adevrcomics].
Nei suoi dipinti non aggiunge mai un tocco personale: lascia trasparire gli oggetti nella loro crudezza e nudità, simbolo lampante del consumismo di massa.
Presto gli annunci per grandi magazzini cedono il passo alle famose pubblicità per alimenti e bevande: Coca-Cola e Pepsi, pesche sciroppate Del
Monte, minestre Campbell’s.
Il quotidiano rimane un'ossessione, anche come formato artistico: diffuso, ripetitivo, pieno di grandi titoli e fotografie; proprio quello che risponde meglio alla nuova concezione artistica di Wharol.
Le immagini di tabloid e mass-media - i Disaster e le Celebrities - diventano opere d'arte manipolate.
Il metodo è quello della fotografia, ricalcata con matrice serigrafica; l'intervento dell'artista è quasi nullo, ma Wharol trasforma il visual d'impatto in simbolo iconico, ancora oggi ben presente nella mente.
Le immagini di tabloid e mass-media - i Disaster e le Celebrities - diventano opere d'arte manipolate.
Il metodo è quello della fotografia, ricalcata con matrice serigrafica; l'intervento dell'artista è quasi nullo, ma Wharol trasforma il visual d'impatto in simbolo iconico, ancora oggi ben presente nella mente.
Sulla trascorsa esperienza pubblicitaria dirà: “Difficile essere creativi; e difficile pensare che ciò che fai non sia creativo. Ognuno è
sempre creativo" [twitta].
E ancora: "fa ridere sentir dire che certe cose non sono creative: come se la
scarpa che disegno per un annuncio possa essere definita creazione,
mentre non lo è il progetto della scarpa stessa. Io credo nell’una e nell’altra cosa. Mi pagavano per farlo. Dovevo inventare, mentre adesso non ho più questa necessità; dopo
tutte le “correzioni” quei disegni avevano qualcosa:
uno stile. Coloro che mi assumevano, erano sensibili allo stile [...] Il lavoro in campo commerciale era meccanico, ma l’atteggiamento partecipe”.
Wharol = ripetizione nella pubblicità contemporanea
“Con la reiterazione, Andy ha voluto mostrarci che in realtà non c’è ripetizione: tutto ciò che guardiamo è degno della nostra attenzione. Ed è stata, mi sembra, un’importante indicazione per comprendere il XX secolo” [twitta Cage]
Con queste parole Jhon Cage interpreta il senso della ripetizione visiva nell'opera di Wharol.
In realtà il padre della pop-art sfrutta questo escamotage per diverse finalità.
Analizziamone alcune, facendo un parallelo - ove possibile - con la pubblicità odierna.
#1 - Ripetizione psicologica = morbosità
In opere seriali come i Disaster, Wharol sfrutta la ripetizione visuale per:
#5 - Ripetizione gestuale = abitudine e provocazione
#7 - Ripetizione bifocale = scelta del target
La ripetizione è il principale elemento strutturale e percettivo del XX secolo; e Wharol è un prodotto dei media e del loro studio: s'interessa di grafica pubblicitaria e fa della riproduzione meccanizzata – copia, duplicato, multiplo – l'elemento fondante della sua arte, un simbolo del consumo industriale di massa. Qualcosa che, ancora oggi, fa tendere verso l'unicità.
La pubblicità odierna è il riflesso di una società capitalistica, in cui mezzi e stimoli visivi si moltiplicano a dismisura. Si parla di ripetizione industriale consapevole, che - non a caso - si esprime al meglio nell'arte commerciale e nel visual di prodotti meccanici.
Le mie fonti sono:
"Andy Wharol: una retrospettiva" - Bompiani, 1990
#1 - Ripetizione psicologica = morbosità
In opere seriali come i Disaster, Wharol sfrutta la ripetizione visuale per:
- sottolineare il modo ossessivo con cui i nostri pensieri tornano a fissarsi su una tragedia
- mettere in risalto la fama tragica di vittime sconosciute, quando i loro corpi compaiono su migliaia e migliaia di giornali.
#2 - Ripetizione mediatica = tabloid e televisione
Centrale nell’uso della ripetizione di
Wharol sarà l’assassinio di Kennedy del 1963. Durante quel lungo week-end la TV si trasforma in elemento
unificante del paese, facendo propria la nuova definizione di coscienza
nazionale. La reiterazione diventa più d'un espediente estetico: l'immagine moltiplicata offre un’ossessiva revival dell’evento. L'impatto visivo, unito all'alternanza d'immagini felice/triste in dipinti come Jackie, contribuisce a veicolare il messaggio: l'evento ripetuto s'imprime nella memoria collettiva.
La pubblicità odierna sfrutta lo stesso meccanismo ante/post per messaggi ironici, moralistici, tragici, riflessivi. Il paragone barra confronto rende bene i plus del prodotto.
La pubblicità odierna sfrutta lo stesso meccanismo ante/post per messaggi ironici, moralistici, tragici, riflessivi. Il paragone barra confronto rende bene i plus del prodotto.
La ripetizione c'è anche in assenza di segno e Wharol la sfrutta per provocare una reazione, come si nota nella serie Electric Chairs. Qui, l'artista contrappone l'immagine della sedia elettrica al pannello vuoto per accostare la vita di prima al nulla di poi.
La pubblicità odierna conosce questa tecnica e la sfrutta in pieno (?) per enfatizzare il messaggio.
#4 - Ripetizione massiva = ready-made e cultura commerciale
Nei primi anni
’60 Wharol sperimenta la riproduzione meccanica di oggetti ready-made, appartenenti alla vita quotidiana e lontani da ogni sentimentalismo. Le singole immagini si svuotano di significato, perché isolate o
soffocate dalla loro ripetizione. L'obiettivo è quello di sottolineare la natura meccanica della produzione industriale e il carattere pratico dell’immagine.
La pubblicità odierna sfrutta questo tipo di ripetizione non per svuotare, ma per mettere in risalto il prodotto e imprimerlo nella memoria visiva del target: sono quelli che chiamiamo patterns o loops.
La pubblicità odierna sfrutta questo tipo di ripetizione non per svuotare, ma per mettere in risalto il prodotto e imprimerlo nella memoria visiva del target: sono quelli che chiamiamo patterns o loops.
#5 - Ripetizione gestuale = abitudine e provocazione
La scelta della ripetizione sulla famosa serie di barattoli
Campbell’s Soup Can denuncia l'abitudine del gesto quotidiano come negazione dell'esperienza soggettiva. Wharol è convinto che la base materiale della cultura di massa non sia il consumo fisico, ma il consumo di prodotti. A chi lo critica, dicendo che le sue gallerie sembrano scaffali del supermercato, risponde deciso: “Un tempo mi piaceva bere quella minestra. Ho fatto lo
stesso pasto ogni giorno, per vent’anni, sempre la stessa cosa e
nient’altro che quella. E ho voluto raccontare la mancanza di scelta”. Della serie: o te becchi 'sta minestra o te butti dalla finestra.
La pubblicità odierna usa molto la ripetizione meccanica per sottolineare l'unicità del prodotto e stimolare la scelta di consumo. Della serie: trova le differenze, confronta e poi... compra.
La pubblicità odierna usa molto la ripetizione meccanica per sottolineare l'unicità del prodotto e stimolare la scelta di consumo. Della serie: trova le differenze, confronta e poi... compra.
Klein, artista contemporaneo di Wharol, sostiene che lo
spettatore percepisce come diverse... opere identiche; anche Wharol crede in questo equivoco percettivo e lo sfrutta per agire sull'esperienza visiva.
La pubblicità odierna usa la reiterazione equivoca per colpire l'attenzione del pubblico, mettere in risalto le caratteristiche del prodotto e sfruttare l'esperienza ludica.
#7 - Ripetizione bifocale = scelta del target
Wharol condivide con altri artisti dell'epoca la tecnica della composizione bifocale, che obbliga lo spettatore a guardare l’una accanto
all’altra - o una sotto l’altra - due immagini identiche. Lo scopo è quello di minare l'unicità dell'opera d'arte, creando una situazione di aut-aut o un
mondo di repliche multiple.
La pubblicità odierna utilizza la ripetizione bifocale per mettere in evidenza il prima e il dopo, per creare un paragone o per lasciare al pubblico l'onere di fare una scelta.
#8 - Ripetizione spaziale = organizzazione e movimento
#8 - Ripetizione spaziale = organizzazione e movimento
Alla ripetizione seriale Wharol aggiunge la disposizione delle immagini nello spazio su estremi opposti: ordine ossessivo e disordine altrettanto ossessivo. Si crea un dialogo tra contraddizioni estreme: ragione/ordine e negazione/caos. Gli oggetti sono disposti nello spazio con rigore geometrico oppure sparpagliati a caso; stessa cosa succede nello spazio espositivo - galleria - che ritrae prodotti seriali simili agli scaffali del negozio. La ripetizione ordinata, poi, rende bene l'idea di movimento.
Oggi la pubblicità replica il meccanismo per comunicare precisione, alterazione, cambiamento.
Oggi la pubblicità replica il meccanismo per comunicare precisione, alterazione, cambiamento.
I primi indizi pop-art di Wharol si trovano nel
design pubblicitario: frammenti e particolari ingranditi; contrasti grafici; forme ridotte; schemi; colori; contrasti; composizione seriale.
La disposizione delle opere in griglie geometriche imita la natura della merce industriale, il packaging tutto uguale, la posizione sullo scaffale; ma l'artista aggiunge creatività, immaginazione, eleganza.
La disposizione delle opere in griglie geometriche imita la natura della merce industriale, il packaging tutto uguale, la posizione sullo scaffale; ma l'artista aggiunge creatività, immaginazione, eleganza.
La ripetizione è il principale elemento strutturale e percettivo del XX secolo; e Wharol è un prodotto dei media e del loro studio: s'interessa di grafica pubblicitaria e fa della riproduzione meccanizzata – copia, duplicato, multiplo – l'elemento fondante della sua arte, un simbolo del consumo industriale di massa. Qualcosa che, ancora oggi, fa tendere verso l'unicità.
La pubblicità odierna è il riflesso di una società capitalistica, in cui mezzi e stimoli visivi si moltiplicano a dismisura. Si parla di ripetizione industriale consapevole, che - non a caso - si esprime al meglio nell'arte commerciale e nel visual di prodotti meccanici.
Patterns all around, Pinterest board
Patterns, Pinterest board
Viaggio nel mondo del loop, Cowinning's post
E dal sito ibelieveinadvertising.com
Le immagini di questo post sono tratte dal libro "Andy Wharol: una retrospettiva" in edizione Bompiani 1990
Le mie fonti sono:
"Andy Wharol: una retrospettiva" - Bompiani, 1990
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