Onomatopea: la figura retorica del suono

Il silenzio fa rumore, si dice.
Ma quel rumore si esprime meglio a parole, credo.
Loro si chiamano onomatopee e sono più futuristiche di quel che suonano.
Il copywriter lo sa; e anche la pubblicità.

Marcia Futurista, in "Parole in libertà" di Marinetti

Una mattina come tante | Parte 1
Ronf, ronf, ronf.
Chicchirichì.
Aaaauuaaa.
Slap, slap, slap.
Naaaaaaaaa.
Bau, bau, bau.
Mmmmmm.
Driiiiiiiiin.
Gulp!
Tic-tac, tic-tac, tic-tac.
Sigh.
Gnam, gnam, gnam. Crunch, crunch, crunch. Glu, glu, glu.
Click: "Bla, bla, bla... trallalero-trallalà... bla, bla, bla". Grrrrrrrr. Click.
Din, don, dan. Din-don-dan.
Tic-tac, tic-tac, tic-tac.
Gulp!
Clocchete, clocchete, clocchete. Splash, splash, splash. Patapum. Ahi, ahi, ahi.
Dlin-dlon, dlin-dlon, dlin-dlon. Toc, toc, toc.
"Ehi!".
Slamp.
Cip-cip-cip. Zzzzzzzz. Fru, fru, fru.
Brum. Brum. Brum.
Beeeng, beeeng, beeeng.
Uff.

Una mattina come tante | Parte 2
Mi cullo nel sonno profondo.
Il gallo canticchia.
Bisbiglio uno sbadiglio.
Il cane mi lecca.
Striscio scocciata dall'altra parte del letto.
Il cane abbaia.
Mugolo qualcosa nel sonno.
Trilla la sveglia.
Sento il ticchettio della lancetta.
È tardi.
Mangiucchio, mastico, ingoio il succo.
Accendo la tv: chiacchiere, balletti, niente più. M'irrito. Spengo.
Dondolano le campane.
Sento il tichettio della lancetta.
È tardi.
Il lavandino gocciola. Mi lavo. Scivolo, prendo una patta. Urlo.
Rimbomba il campanello. Apro. Bussano.
Dico: "Ehi!".
Chiudo la porta di slancio.
Esco. Sento cinguettii, ronzii, fruscii.
Romba il motore e mi butto nel chiasso dei clacson assordanti.
M'affloscio.

Non so se la mattina 1 è chiara senza la spiegazione della mattina 2.
Nella prima versione ci sono lettere che cercano d'imitare i rumori.
Nella seconda, quelle lettere diventano parole.
Già ma che parole sono? E a cosa servono?

Etimologia e funzione
Il termine onomatopea deriva dal greco onomatós (del nome) poieo (faccio, formo) e significa "formare parole che riproducono attraverso il suono quello a cui si riferiscono".
Si tratta di una figura retorica ambivalente:
1. colma il gap espressivo della comunicazione verbale nella resa d'immagine e suono
2. mette in risalto le qualità acustiche e articolatorie di lettere e parole.

Detta in modo più semplice:
1. l'onomatopea è utile per esprimere a parole situazioni, immagini, suoni
2. l'accostamento di lettere nell'onomatopea avviene in base alle loro qualità acustiche e articolatorie
3. l'onomatopea dona al testo un'impressione immediata di rapidità e movimento

Divisione
Come hai letto nei miei pseudo-racconti iniziali, le onomatopee non sono tutte uguali.
Quelle semplici della prima mattina evocano il suono, ma non hanno alcun significato e si dividono in:
1. gruppi fonici - bau, bau; tic-toc; dlin-dlon; driiiin; slap ecc.
2. serie di sillabe unite graficamente - patapum; trallalero-trallalà; clocchete-clocchete (preso in prestito dalla famosa poesia "La fontana malata" di Aldo Palazzeschi)

Quelle complesse della seconda mattina sono parole in sequenza ritmica, che inglobano le precedenti e hanno un significato. Riproducono:
1. un suono realistico del mondo circostante - splash, brum, ronf, tichettio, fruscio, rombo ecc.
2. una situazione/immagine - scivolare, strisciare, cullare, dondolare ecc.
3. un'emozione/sentimento - mugolare, afflosciarsi.

Accorgimenti retorici
L'onomatopea rispetta il principio dell'armonia imitativa: significa cogliere le qualità acustiche e articolatorie di lettere e sillabe per accostarle in modo gradevole e musicale. Tutta questione di suono, accento e pausa; in due parole, d'orecchio e di ritmo. Le povere onomatopee complesse, ad esempio, subiscono una vera e propria deformazione fonica con tanto di desinenze e suffissi per adattarsi al rumore. Questa capacità d'adeguamento sonoro si chiama fonosimbolismo: un vero e proprio processo creativo, che sfrutta il timbro di consonanti e vocali per veicolare un significato. Basti pensare all'accostamento della doppia "l" nel moto ondoso di "cullare" e "ballo" oppure alla cadenza di "c" nel ritmato "canticchiare".
Insomma, ogni lettera ha un suono: imparare a rispettarlo rende bene il senso.

Futurismo e pubblicità
L'onomatopea vive a cavallo tra due correnti: l'etimologia classica e la storia futurista.
Non futiristiCa: futurista ho detto; e con storia non fa ossimoro.
Nei primi anni del '900, gli scrittori del movimento fanno largo uso della figura retorica per rendere velocità, trasformazione e rumore dell'era industriale. Si tratta di un modo per sovvertire le regole della lingua e lanciarsi verso il futuro. Non solo. Nelle opere di Filippo Tommaso Marinetti - autore del "Manifesto futurista" - le onomatopee hanno caratteri tipografici diversi e sono disposte in modo particolare, quasi che la parola anelasse a diventare immagine.
Il testo futurista è come un manifesto teatrale: si ascolta, si guarda e si legge. Una vera e propria rivoluzione linguistica, in cui l'onomatopea svolge un ruolo di primo piano.

Anche la pubblicità è spesso considerata un'anti-lingua, con regole proprie, neologismi markettari e tecniche sovversive; e infatti raggiunge il suo apice con l'era industriale.
Il parallelo calza.
C'è da capire che essere un copywriter suonato (?) non è poi così male; anzi, a volte è geniale.
Come dimenticare la "plin plin" di Rocchetta?
E il simpatico "No Alpitour? Ahi ahi ahi..."
E il brrrrivido frrrresco di Brrrr-ancamenta?
E l'ormai ironico "Iu-u-u c' è nessuuuuno" di Acqua Lete?
E ancora il mitico Ciribiribi Kodak, che ricorda - guarda caso - la canzone "Ciribiribin" di Tiochet?

Su queste note d'altri tempi ti lascio e t'invito a leggere il prossimo post sul linguaggio futurista nel web: cos'è rimasto? E quanto lo usiamo oggi?
Puoi farti un'idea sull'onomatopea nei link d'approfondimento.

Passo e chiudo.
Dlin-dlon.
Approfondimenti:
Lasciatemi divertire di Aldo Palazzeschi
La fontana malata di Aldo Palazzeschi
Bombardamento di Tommaso Marinetti
Fonosimbolismo - Wikipedia

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